8 marzo: il nostro sostegno alle donne è scientifico

In occasione della giornata delle donne, Coop Alleanza 3.0 sceglie un’azione concreta: continuare a finanziare una borsa di ricerca di una giovane biologa

Valori Eventi Giovani 01 marzo 2020

Per Coop Alleanza 3.0, l’8 marzo si tinge anche quest’anno di rosa: il nostro sostegno va infatti per il terzo anno consecutivo alla ricerca scientifica d’eccellenza, fatta dalle donne per le donne.

Una ricerca che dà risultati e che merita di andare avanti. Per questo rinnoviamo il sostegno finanziario per un anno di lavoro della ricercatrice Giulia Girolimetti, impegnata nella ricerca di nuove terapie per il carcinoma ovarico e sostenuta da Fondazione Umberto Veronesi nell’ambito dell’oncologia femminile con il progetto Pink is Good. Chiara Segré, Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione, spiega infatti: “I progetti di ricerca normalmente si dipanano sull’arco di più anni, in genere almeno due o tre. Ecco quindi che confermare il sostegno allo stesso ricercatore e allo stesso progetto significa davvero aiutare realmente la realizzazione di studi che possono portare a risultati concreti.”

Abbiamo incontrato la Girolimetti proprio per parlare insieme del progetto di ricerca sostenuto dalla Cooperativa e portato avanti nel 2019, dei progressi fatti in generale nel settore dell’oncologia femminile, per conoscere il suo pensiero su come le donne nella scienza possono fare rete e rivendicare una maggiore presenza femminile nelle istituzioni scientifiche in Italia, e per un suo personale augurio alle donne per questo 8 marzo: leggiamo insieme l’intervista!

Carcinoma ovarico: già l’anno scorso abbiamo parlato insieme dell’incidenza di questa patologia nella popolazione femminile e dell’importanza della prevenzione. Nel 2020 rappresenta ancora un killer silenzioso per le donne o sono stati fatti passi avanti?

Il carcinoma dell’ovaio rappresenta una neoplasia particolarmente aggressiva per le pazienti e la mancanza di test che permettono di diagnosticare questo tumore negli stadi precoci, lo rendono, purtroppo, un killer silenzioso ancora nel 2020. Infatti, nella maggior parte delle donne viene diagnosticato quando il tumore si è già esteso nella cavità peritoneale. Questa malattia che in Italia colpisce ogni anno circa 5200 donne, è caratterizzata da una buona risposta iniziale a chirurgia e chemioterapia ma anche da un’alta percentuale di pazienti in cui il tumore tende a ripresentarsi nell'arco di circa 2 anni. Ma c’è una buona notizia che viene dalla ricerca. Alcuni studi hanno evidenziato che la terapia di mantenimento dopo chirurgia e chemioterapia con i PARP inibitori, dei farmaci utilizzati anche per il trattamento del tumore al seno, potrebbe aiutare le pazienti perché impedisce al tumore di ripresentarsi o aumenta il periodo in cui le pazienti sono libere da malattia. Questa è una notizia molto positiva perché potrebbe portare ad un aumento in termini di sopravvivenza globale.
 

“Ruolo dei mitocondri nel trattamento del carcinoma ovarico”: questo è il progetto di ricerca che dal 2019 stai portando avanti con Fondazione Veronesi presso l’Università degli studi di Bologna. Ci spieghi meglio l’oggetto della tua ricerca e i tuoi obiettivi?

Le cellule tumorali, comprese quelle del carcinoma ovarico, modificano il modo in cui si nutrono per disporre di più energia necessaria per dividersi e crescere. Questa loro caratteristica può essere utilizzata per sviluppare delle strategie farmacologiche che vanno a colpire solo le cellule tumorali. Partendo dai precedenti studi effettuati dal gruppo di ricerca in cui lavoro, sappiamo che si possono colpire gli organelli responsabili della produzione di energia, cioè i mitocondri, per rallentare la crescita del tumore. Quindi, con questo studio, vorremmo arrestare la crescita del tumore ovarico intervenendo sul metabolismo delle cellule con una terapia farmacologica combinata che non permetta alle cellule tumorali di riprogrammarsi e di avere l’energia di cui hanno bisogno per sopravvivere e dividersi. Ci proponiamo quindi di testare nuove combinazioni terapeutiche per sconfiggere il tumore dell’ovaio di cui il l’ospedale dove lavoro, l’Ospedale S.Orsola di Bologna, è centro di riferimento con l’Unità di Oncologia Ginecologica sia a livello regionale sia a livello europeo. Il progetto si basa su test preclinici che potrebbero supportare lo sviluppo di nuovi studi clinici.
 

Diceva il Generale Charles de Gaulle: “Ho lasciato incompiute una quantità di cose. Ma questo è naturale. E, a proposito, val la pena di ricordare che in francese il passato si chiama imperfetto”. Di questo anno di ricerca cosa avresti voluto fare meglio e di cosa invece sei particolarmente orgogliosa?

Innanzitutto sono molto orgogliosa di essere “sopravvissuta” alla campagna informativa organizzata proprio da Fondazione Veronesi e da Coop Alleanza 3.0 in occasione della festa della donna! Non sono abituata a stare sotto i riflettori, non mi era mai capitato che parenti e amici mi chiamassero perché avevano visto o sentito il mio nome in giro per l’Italia, alla fine è stato divertente. Ora, anche se continuano tutti a non capire bene che tipo di lavoro faccio, almeno sanno che è utile. A parte gli scherzi, è stato un anno pieno di esperimenti, di idee e di confronti. Sono molto orgogliosa di alcuni risultati positivi che abbiamo avuto e che mi hanno permesso di credere ancora di più in questo progetto. Avrei voluto che le mie ricerche producessero risultati più velocemente, ma la ricerca ha i suoi tempi tecnici e spesso per avere un risultato solido sono necessari giorni o mesi, per noi è normale ma a volte è demotivante


Pink is good è il progetto di Fondazione Veronesi che dal 2013 sostiene il lavoro di una serie di ricercatori specializzati nella ricerca contro il tumore al seno e gli altri tumori femminili e che letteralmente significa “rosa è bello”. Cosa significa per te questa frase?

Pink is Good è un progetto molto importante della Fondazione Veronesi perché, oltre a raccogliere fondi per la ricerca sui tumori femminili, porta avanti una campagna informativa e di sensibilizzazione seria, accurata e aggiornata sul tema dei tumori ginecologici e la loro prevenzione. Nel 2019, durante il mio primo anno come borsista della Fondazione Veronesi in collaborazione con Coop Alleanza 3.0 ho avuto la possibilità di incontrare alcune rappresentanti “Ambassador” del progetto Pink is Good, di sentire le loro storie e di conoscere alcune imprese mitiche portate avanti dalle “Pink” per sostenere la ricerca e le ho trovate meravigliose. Sono un gruppo unito, delle donne forti che combattono e che vogliono, attraverso la corsa, raccogliere fondi destinati alla ricerca per sconfiggere i tumori femminili. Loro sono la testimonianza che il tumore si può sconfiggere e che dopo la malattia si può tornare a vivere più forti di prima anche grazie alla corsa. Le ammiro molto. Quando ho incontrato una di loro, Lucia, ad un incontro organizzato a Bologna, lei mi ha detto che era contenta di conoscermi perché noi siamo la loro speranza e questo mi ha dato una grande forza ed anche una grande responsabilità. Per il mio lavoro questo è stato importante, mi ha fatto riflettere e sono tornata in laboratorio con più ostinazione di prima. Quindi per me Pink is Good oltre ad essere è una campagna fondamentale per far conoscere i tumori femminili e per raccogliere fondi per la ricerca è soprattutto la testimonianza e la forza di queste donne.
 

Al Sissa di Trieste è stato presentato il Manifesto internazionale per le donne nella scienza, dove ricercatrici di fama internazionale hanno condiviso esperienze e buone pratiche su come le donne nella scienza possono fare rete e rivendicare una maggiore presenza femminile nelle istituzioni scientifiche in Italia, limitata rispetto ad altre nazioni. Cosa rappresenta per te essere una ricercatrice donna nel nostro Paese?

Sono d’accordo con tutte le proposte presentate con il Manifesto internazionale per le donne nella scienza, credo sia importante rivendicare una maggiore presenza femminile nelle istituzioni scientifiche. In Italia i dati mostrano che le donne sono in netta maggioranza tra i dottori di ricerca ma poi qualcosa si blocca e la presenza femminile tra i professori è molto minore. Mi aspetto però che la situazione cambi nei prossimi anni.


Chiudiamo con il tuo personale pensiero per l’8 marzo: un augurio a te stessa e uno a tutte le donne.

Questo progetto che è stato finanziato per un altro anno dalla Fondazione Veronesi in collaborazione con Coop Alleanza 3.0 per il 2020 non coinvolge solo me, ma molti collaboratori, tra ricercatori e medici, fondamentali per lo sviluppo di questo progetto di ricerca. In questo gruppo che si occupa dello studio dei tumori ovarici, siamo per la maggior parte donne e lavoriamo a stretto contatto con lo stesso obiettivo: trovare una cura a questa patologia prettamente femminile. Alle donne auguro di essere sempre coraggiose e di seguire le loro passioni, non solo l’8 marzo, ma tutti i giorni dell’anno.


 

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