Dal latte al formaggio, dalla stalla alle nostre tavole

Tutto quello che non si vede quando beviamo un bicchiere di latte o mangiamo uno spicchio di formaggio.

Prodotto Consigli Consumo 25 marzo 2019

“Cos'è quello, un baffo?” E’ facile farsi scoprire quando si beve un bicchiere di latte. Appena munto, fresco oppure bollente con la schiuma, il bon ton non impone regole di comportamento per bere la bevanda preferita dai bambini. Tutto è possibile quando si parla di latte. Se, invece, percorriamo la filiera a ritroso fino alla stalla, oppure seguiamo la via che porta al formaggio, allora sì che sono necessarie regole e garanzie del latte che, come prevede la normativa, deve essere munto da animali in buono stato di salute.

Partiamo, quindi, dalla stalla dove tutto ha inizio con l’acqua. Le frisone, cioè le mucche allevate per il solo latte, bevono circa 200 litri al giorno e l’acqua destinata all’abbeverata deve essere di buona qualità, quindi controllata, per evitare problemi sanitari e riduzione delle prestazioni produttive.

Passando alle caratteristiche che deve avere la stalla per garantire il benessere animale, bisogna stare attenti a tutto: dal microclima alla viabilità, senza trascurare il rumore, o meglio, la musica. In tutte le aree della stalla, che comprendono la zona per l’alimentazione, la sala mungitura e la sala del latte, deve esse garantita una precisa temperatura, grado di umidità e ventilazione. La viabilità delle mucche, invece, è regolata dalla scelta del traffico: che la stabulazione (cioè “l’alloggio degli animali) sia libera o fissa, gli allevamenti devono rispondere a determinati requisiti strutturali, e con il free cow traffic,  le mucche possono circolare liberamente decidendo da sole quando bere, mangiare e ruminare. Ma poi devono essere munte e, poiché sono sempre un po’ reticenti, a questo punto vengono proprio guidate alla sala mungitura (guided cow traffic).

Ricercatori olandesi, infatti, hanno verificato che quando alle mucche viene concessa la scelta tra mungitura e alimentazione, scelgono sempre quest’ultima! Infine la musica. E’ ormai provato che il latte delle mucche che ascoltano musica sia migliore. La filodiffusione  è la scelta più pratica, ma c’è anche chi organizza veri e propri concerti nelle stalle, e dalla Danimarca all’Australia sono sempre più frequenti le esibizioni di musicisti (o aspiranti tali) in cerca di un pubblico bovino. “Di solito mi rifiuto di suonare per un pubblico che mangia durante l’ascolto – ha raccontato con ironia un pianista tedesco – ma per le mucche posso fare un’eccezione, tanto più che non parlano durante un concerto”. E anche vero, però, che i bovini probabilmente non riconoscono le “stecche”, ma questa è di certo un’altra storia!

E poi c’è la filiera del formaggio, con rigidi disciplinari che conciliano sicurezza alimentare, gusto e tradizione. Il panorama caseario italiano è fatto di grandi produttori industriali ma anche di tanti piccoli casari locali che, ad esempio con Impariamo sul campo, si sono messi a disposizione per insegnare ai bambini delle scuole la filiera dei prodotti del territorio.

Impariamo sul campo è un progetto di Coop Alleanza 3.0 nell’ambito dell’educazione al consumo consapevole con la realizzazione delle attività educative di Saperecoop; un modo semplice e divertente per cominciare a capire cosa ci circonda ma anche conoscere ed apprezzare il proprio territorio. Per i bambini scoprire la filiera significa porsi delle domande, chiedersi ad esempio come si possa passare dal latte, un prodotto da bere, al formaggio che invece si taglia con il coltello.

Quest’anno ad esempio, con questa iniziativa che ha coinvolto 5.699 classi di quasi 1.000 scuole, i bambini hanno studiato la filiera di un formaggio della propria regione per poi raccontarla e disegnarla su una tovaglietta bianca. Una giuria di esperti composta da Coop Alleanza 3.0, EU promotions e Librì progetti educativi, ha scelto 120 classi vincitrici che come premio faranno una visita guidata in uno stabilimento di produzione e trasformazione del prodotto scelto. E così, dal Friuli-Venezia Giulia alla Basilicata i ragazzi delle scuole primarie conosceranno tutti i processi produttivi dei formaggi della propria regione.

D’ora in poi, per esempio, per quei ragazzi non ci sarà più nessun segreto sul peso di una forma di Parmigiano Reggiano, sulla filiera di sua Maestà il Montasio, e conosceranno tutti i “trucchi” usati per sfilacciare il formaggio che ha il nome come un gusto del gelato: la stracciatella. 


 

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