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Quando la volpe arriva all'uva
Cosa succede a tavola quando l’ingegno e la creatività incontrano i dolci acini della vite
Nella celebre favola di Esopo, il frutto della vite bramato ardentemente dalla volpe e poi disprezzato diventa simbolo di coloro che “per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze”. L’usanza spagnola di 12 chicchi d’uva da mangiare al ritmo dei 12 rintocchi di campana che segnano la mezzanotte del 31 dicembre è tra le tradizioni più conosciute di Capodanno. Dalla pittura alla scultura, l’uva è un ricorrente simbolo di prosperità, e la sua rappresentazione è solitamente abbinata a quella della cornucopia piena di frutta come segno di ricchezza e forza.
Fiabe, tradizioni, arte: ma l’uva è protagonista soprattutto della cucina, sia nella sua versione più famosa, il vino, sia come ingrediente per nuove e vecchie ricette. Scopriamo come tutte le parti di questa pianta e tutti i sottoprodotti derivanti dalla sua lavorazione siano da sempre impiegati in cucina per prelibate ricette.
In cucina l’uva è un ingrediente versatile che si adatta bene per la preparazione di dolci o sfiziosi secondi piatti a base di pesce e di carne. Per questo tipo di ricette, molto spesso si ricorre ad una delle tecniche più antiche, quella dell’essiccazione: gli acini vengono disidratati andando così a prolungare la durata, oltre a concentrare gusto e proprietà nutritive. La cosiddetta uva passa, o uva sultanina, è un alimento presente in molti dolci della tradizione, dai papassini sardi, biscotti di pasta frolla decorati con la glassa e arricchiti con uvetta, al classico panettone, al panforte e al castagnaccio, passando per il gelato spagnolo Malaga, gli scones e i plumcakes inglesi, il Kaiserschmarren austriaco, una sorta di frittata dolce della tradizione contadina, e il babka polacco, una treccia di pan brioche condita con uvetta.
Ma non parliamo solo di dessert, infatti nella cucina italiana molti sono i piatti salati impreziositi dall’uvetta: pensiamo alle venete sarde in saor, pesce azzurro condito con cipolle e aceto, alle polpette di Sant’Antonio a base di manzo della tradizione umbra e a tutti i piatti della cucina napoletana e siciliana, dove si trova spesso associata a baccalà o in pietanze assieme ai pinoli.
Altro cibo prelibato a base di uva usata da chef e pasticceri di tutto il mondo è il mosto, che altro non è se non il succo del frutto, non fermentato, estratto dagli acini mediante pigiatura o torchiatura, con cui vengono preparati ad esempio i sugoli, budini d’uva della tradizione contadina emiliana. Non dimentichiamo ovviamente che anche l’uva fresca senza nessun tipo di trattamento, oltre a venir consumata abitualmente a fine pasto è un ingrediente in grado di dare particolari twist ai piatti, come ad esempio nella schiaccia toscana, famosa focaccia salata con uva fresca.
Ma in cucina non ci finiscono solo gli acini. In molte regioni italiane è comune mangiare anche le cime delle viti. Insieme alla pasta o come contorno di un secondo di carne si cucinano infatti i tralci più teneri della vite: devono essere utilizzati ovviamente i viticci più nuovi (denominati femminelle) e che provengono da vigneti non recentemente trattati. Altra parte della vite che viene regolarmente consumata in molte parti del mondo sono le foglie: in Florida, Grecia e altri paesi del Medio Oriente e dell'Est (in generale nei paesi di lingua araba) la vite è coltivata anche per la produzione di foglie da utilizzare farcite nella cucina tradizionale, come nei Warak inab libanesi, involtini di foglie di vite ripiene di riso, cipolla e pomodori, uno degli antipasti più diffusi e apprezzati.
Non pensate infine che il successo dell’uva sia solo nei piatti tipici perché anche gli chef contemporanei ne apprezzano le qualità organolettiche: addirittura Bruno Barbieri le ha dedicato un intero libro, “L’uva nel piatto”, dove propone 28 ricette, tra cui una granita all'uva con scampi marinati, uno spiedo di quaglia all'uva cotta per finire con una zuppa d’uva con tortelli dolci di nespole.
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