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Tutto in una molecola: per scoprire come sconfiggere il virus

All'Ateneo di Ferrara uno studio genetico sostenuto da Coop Alleanza 3.0 a caccia del farmaco

Consumatori Coronavirus 09 giugno 2020

La ricerca medica e scientifica è più che mai impegnata ad affrontare il Coronavirus, soprattutto adesso che i dati sembrano dirci che il peggio è passato. Sappiamo, infatti, che non ci sarà ritorno sicuro alla normalità finché non sarà identificata una giusta ed efficace terapia che curi i malati e una strategia per contenere velocemente gli eventuali contagi.

Per questo Coop Alleanza 3.0 ha deciso di sostenere il team di genetica molecolare guidato dal professor Michele Rubini del Dipartimento di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche dell’Università di Ferrara e componente del Centro di Medicina di Genere. La Cooperativa aiuterà questo progetto finanziando con 30mila euro l’acquisto di una parte dei reagenti per i complessi test di sequenziamento genetico ed una borsa di ricerca per uno dei ricercatori coinvolti. Il contributo rientra fra le azioni sostenute dal fondo emergenza Coronavirus, costituito in questi mesi grazie all’1% delle vendite di prodotti a marchio Coop.

Per capire meglio in cosa consiste il progetto e quali siano gli obiettivi abbiamo fatto alcune domande direttamente al professor Rubini.

Come è nata la vostra ricerca?

Siamo partiti a fine febbraio quando la pandemia ha cominciato a fare le prime vittime nel nostro paese, il meccanismo di infezione delle cellule da parte del virus negli alveoli polmonari era già in parte noto ma i meccanismi che ne determinavano l’aggressività clinica erano totalmente sconosciuti, e non era chiaro il perché, seppur esposti al contagio, non tutti si ammalassero.

Come laboratorio ci siamo trovati in una situazione di grande emergenza, per portare avanti le nostre ipotesi di lavoro abbiamo dovuto certificare l’attività che stavamo svolgendo e siamo rimasti in pochissimi ad accedere alla struttura, poiché gli studenti, che danno un contributo fondamentale alla ricerca, erano a casa già da metà febbraio. Abbiamo lavorato partendo dall’analisi di dati genetici relativi alle molecole delle cellule umane che sono usate dal Coronavirus per infettare, utilizzando banche dati disponibili.

L’ipotesi che abbiamo formulato è che la genetica possa determinare che ci siano soggetti apparentemente resistenti al virus e altri che invece manifestavano la patologia con tutti i suoi sintomi. La domanda che ci siamo posti è stata: quali sono le differenze genetiche fra gli individui resistenti e quelli più colpiti? È importante trovare la risposta non solo per combattere il virus, perché se conosciamo le ragioni della resistenza possiamo provare a ricrearle e proteggere i soggetti a rischio di sviluppare il Covid-19.

Quali differenze genetiche avete trovato?

Identificare un gene è come cercare un ago in un pagliaio: potenzialmente ogni gene si perde nell’immensità del genoma umano e quindi avevamo bisogno di tracce da cui partire. Per questo ci siamo focalizzati su aspetti di genere ed in particolare dall’osservazione che il Covid-19 si manifesta con minore severità e mortalità nelle donne rispetto agli uomini. I maschi infatti sono più severamente colpiti dal Coronavirus e più spesso necessitano di ricovero in terapia intensiva.

Siamo partiti osservando che tra le varie molecole umane che il Coronavirus utilizza per invadere le cellule degli alveoli polmonari una è sotto controllo degli ormoni sessuali maschili. Inoltre, il gene che la produce non era esattamente lo stesso in tutti, ma presentava varianti che potevano condizionare la capacità delle nostre cellule ad essere infettate. A questo punto vogliamo vedere se davvero questo gene ha effetto nel Covid-19, confrontando pazienti e soggetti sani, e verificando se varianti del gene sono in grado di identificare i soggetti meno recettivi al virus.

I risultati dello studio potrebbero consentire di capire chi fra il personale sanitario sia geneticamente più protetto e quindi meno esposto a rischi in aree a rischio o ad identificare le persone più adatte ad accudire i pazienti affetti da Coronavirus in isolamento domiciliare. Inoltre, dal punto di vista terapeutico queste conoscenze permetterebbero anche di identificare i soggetti più a rischio di Covid-19, aumentandone la protezione dal contagio o trattandole con cure mirate ed efficaci.

Il nostro studio non è isolato, ma si inserisce all’interno del consorzio internazionale Host Genetic Initiative che coinvolge scienziati da tutti i continenti che, come noi, scandagliano il genoma umano alla ricerca dei geni del Covid-19.

Come si potrà arrivare ad un farmaco?

L’ipotesi che abbiamo formulato e portiamo avanti con il nostro studio, oltre alle ricadute nell’identificazione di soggetti protetti o predisposti al Covid-19, potrebbe risultare decisiva per trovare un farmaco davvero efficace per curare la malattia. Infatti, esistono inibitori della molecola che abbiamo identificato, ovvero l’enzima che determina la penetrazione del virus.

Fortunatamente, un inibitore specifico è di fatto già prodotto come farmaco, e vorremmo quindi proporne l’uso per il Covid-19. Si tratta di un farmaco antitrombotico che al momento è utilizzato con altre indicazioni ma che purtroppo non è disponibile né in Italia, né in Europa. La soluzione di emergenza di tirar fuori dal cassetto farmaci antivirali o antimalarici usati precedentemente, fino ad ora ha dato risultati solo parziali o nulli. Di fatto, non abbiamo ancora sperimentato farmaci veramente nuovi, disegnati su questo specifico virus e poi testati. Ci sono però tempi tecnici per passare dall’idea ad ottenere un risultato.

Sperimentazioni ospedaliere con questo nuovo farmaco sono in corso in Giappone e in Inghilterra. Noi vorremmo proporne una con una formulazione che sia applicabile anche in terapia domiciliare, e quindi adatta all’attuale situazione della pandemia. Siamo confidenti che questa terapia possa risultare efficace per il Coronavirus e in grado di interrompere definitivamente la catena del contagio, riportando il Paese ad uno stato di normalità sociale e sanitaria.

La Cooperativa sosterrà il progetto grazie al fondo di Emergenza Coronavirus finanziandolo con 30 mila euro. Cosa accadrà nei prossimi mesi?

In questa fase di partenza per fare ricerche complete e verificare le ipotesi che abbiamo sviluppato, un contributo come quello dato da Coop Alleanza 3.0 è fondamentale. Ci consente di impostare lo studio genetico, proseguendo il reclutamento dei pazienti e coprendo in parte le spese dei reagenti richiesti per le attività molecolari, oltre che a finanziare una borsa di ricerca per uno dei ricercatori coinvolti.

Contiamo di estendere ulteriormente le analisi genetiche e di avere dei risultati in tempi relativamente brevi, nonostante le aumentate difficoltà nel identificare i casi, dato il sensibile calo del numero dei pazienti. Per questa ragione abbiamo esteso la raccolta casistica a tutta la Romagna e anche a San Marino. Negli ultimi due mesi la dinamica del virus è molto cambiata, tanto da sembrare una malattia diversa, una malattia con forte stagionalità.Gli studi genetici, incidentalmente, possono darci indizi su interazioni tra geni e ambiente e fornirci pertanto la chiave per capire cosa nell’ambiente condiziona la stagionalità e darci quindi la possibilità di intervenire con misure preventive altamente specifiche.

La strada per sconfiggere il Covid-19 è intrapresa, abbiamo ancora molto da imparare su questo virus, ma credo che col contributo e la collaborazione di tutti ci riusciremo.

 

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